
L’ABBEVERATOIO
Dal gruppo Facebook Foto Storiche Cefalù

Cefalù, 2 febbraio 2025
Serge Rajmondi ha pubblicato nel gruppo Facebook “Foto Storiche Cefalù”, due fotografie inedite e di autore sconosciuto. Queste immagini, che risalgono alla fine del 1800 e ai primi del ‘900, ritraggono un elemento significativo della storia passata della nostra città: l’abbeveratoio della “Porta Terra”, situato in Piazza Garibaldi. Questo abbeveratoio costituiva un punto di sosta fondamentale per i carrettieri e i viandanti, offrendo loro, attraverso una vasca grande e una fontanella, la possibilità di dissetarsi e abbeverare i propri animali. Inoltre, la fontanella era un’importante fonte di approvvigionamento di acqua potabile per coloro che ne erano sprovvisti nelle loro case.
La palazzina che si nota accanto all’abbeveratoio è quella della famiglia Miccichè, come raccontato da Benedetto Morello, il quale ricorda che suo padre, che abitava nell’edificio adiacente alla palazzina del Miccichè, fu costretto ad accettare l’imposizione di elementi decorativi stilizzati sulla balaustra della sua proprietà.
Il signor Morello, pur non essendo d’accordo con queste modifiche, non poté opporsi anche allo smantellamento dell’abbeveratoio, data la posizione di rilievo del suo vicino.

Dai commenti del gruppo Facebook Foto Storiche Cefalù
Salvatore Varzi, suggerisce che le fotografie provengono dalla famiglia Cesare-Pinnorno di Cefalù. Contribuendo ulteriormente al contesto delle immagini, inoltre ha identificato un uomo in primo piano in una delle foto che vedete pubblicata qui sopra, riconoscendolo con la sua “Nciuria”, il soprannome locale: “Arraggiatu”.
Questi dettagli, raccolti dall’impegno della comunità con le fotografie, aggiungono uno strato di significato personale e culturale a questi importanti documenti storici.
Sandro Varzi, Dopo la dismessa del vecchio abbeveratoio, ecco sorgere una fontana chiaramente figlia dei tempi. La foto, di anonimo, pubblicata da Sandro Varzi e che vedete a lato, proviene dall’archivio ARKÈ.
Giovanni Marino, scrive che l’abbeveratoio fu poi arretrato e modificato con un altro muro con balaustra e una vasca più piccola, allargando lo spazio tra il muro e la via Umberto I, rendendo più decoroso lo spazio.
Questa modifica, probabilmente fu realizzata quando fu costruita la casa Liberty. Nelle due immagini inedite è visibile una finestra che, nel tempo, è stata trasformata in una grande porta. La balaustra esistente e quella specie di colonna quadrata, che oggi sono ancora visibili, sono frutto di questa modifica, e testimoniano il gusto architettonico dell’epoca in cui furono realizzate.
L’accesso al vicolo Macello, che in origine era situato in quella zona, fu chiuso e spostato sul muro con un nuovo ingresso da via Giuseppe Fiore. Questo cambiamento probabilmente rispose all’esigenza di razionalizzare gli spazi e di regolare meglio il flusso di persone e veicoli nella zona. La chiusura di quell’accesso e il suo spostamento rappresentano un esempio di come, nel corso del tempo, le esigenze urbanistiche e sociali possano influenzare la struttura e l’organizzazione degli spazi pubblici.

Andrea Fava, con la sua scrittura in versi, che trovate in questo link: Il povero asinello… ci trasporta in un mondo dove il tempo sembra sospendersi tra passato e futuro, tra tradizioni radicate e cambiamenti inevitabili. La scena si apre con un povero asinello, esitante davanti a quella che sa essere una strada controsenso. La memoria del percorso corretto, che lo avrebbe condotto lungo la Strada di Fondaco di Basso, ancora non chiamata Via Matteotti, gli è chiara, ma il padrone non sembra intenzionato ad ascoltarlo. Con le redini tirate, l’asinello continua il cammino, turbato e perplesso. Eppure, c’è in lui una consapevolezza quasi umana: conosce le regole, sa che certi pass colorati, blu o rossi, non avrebbero cambiato il corso degli eventi. Tuttavia, cede alla volontà del padrone, attratto anche dalla promessa di una fresca sorsata d’acqua che scende dalle Madonie.
Il racconto di Fava si arricchisce di dettagli che intrecciano il quotidiano e l’eccezionale, dando vita a un ritratto caleidoscopico di un tempo lontano ma stranamente familiare. La Lumachella, pietra simbolo di Cefalù, pavimenta le strade e le rende un po’ scivolose, logorate dal passaggio di viandanti e forestieri in cerca di riposo e ristoro. In quegli anni, quando l’idea di un “Bed and Breakfast” era ancora inesistente, tutto si riduceva a un “liettu e un pocu ri latte a matina”. Ma l’intuizione di un certo Barranco, spinta dalla crescente domanda, avrebbe portato al primo nucleo di quella che oggi chiameremmo industria dell’ospitalità. L’idea di trasformare l’accoglienza domestica in un vero albergo avanzava, come una promessa implicita di un futuro diverso.
Il racconto non si ferma qui: l’arrivo di un “Calabrese” in piazza segna un nuovo capitolo, portando vitalità e trasformazioni. Ed è proprio Fava, con la sua abilità narrativa, a sottolineare che il futuro spesso si nasconde tra le pieghe del passato, già scritto, aspettando solo di essere interpretato. Con una scrittura che ondeggia tra nostalgia e ironia, Fava ci invita a riflettere sul fluire del tempo, su come le tradizioni cedano il passo a nuove idee, senza mai scomparire del tutto. Cefalù, con la sua storia fatta di strade, pietre e incontri, diventa un microcosmo di un mondo che cambia, dove persino un asinello, esitante davanti al controsenso, può incarnare la saggezza di chi sa guardare sia indietro che avanti.
Domenico Brocato – Foto Storiche Cefalù

