
IL CARNEVALE DI CEFALÙ
Il Carnevale “Cannalivari” di Cefalù, un tempo rappresentava ben più di una semplice festa: era un’istituzione, un rito collettivo che affondava le sue radici nella storia e nelle tradizioni della comunità. Si trattava di una celebrazione sentita e vissuta con entusiasmo, dove la gioia genuina e la partecipazione trasformavano ogni momento in un’esperienza unica. Il divertimento, acceso da quell’innata capacità di trovare felicità nelle piccole cose, non aveva bisogno di sfarzi o intrattenimenti costosi; bastavano l’allegria, la condivisione e l’energia contagiosa che il Carnevale portava con sé.
Il cuore pulsante di questa festa era la musica, una melodia che si diffondeva attraverso le case, le strade e i vicoli, creando un’atmosfera di letizia e spensieratezza. Le note di strumenti improvvisati o tradizionali accompagnavano i balli e le danze che si protraevano fino a tarda notte, animati dalla convivialità e dai sapori unici del Carnevale cefaludese. In questo contesto, gli “spinci” regnavano sovrani: deliziose frittelle dal doppio anima, dolci e profumate di zucchero e cannella, o salate, con un cuore nascosto di acciuga, un vero tesoro culinario di questa festività.
Un altro aspetto distintivo del Carnevale cefaludese era la creatività e l’ingegno che si manifestavano nei travestimenti. Non ci si accontentava di semplici costumi acquistati; ognuno dava libero sfogo alla loro fantasia, trasformando vecchi indumenti in abiti da personaggi fiabeschi o eroi del West. Bambini e adulti si divertivano a vestirsi da cowboy o sceriffi, con cinturoni e pistole giocattolo, mentre le mamme, con pazienza e abilità, cucivano frange ricavate da vecchie coperte per impreziosire pantaloni e camicie, creando veri capolavori sartoriali.
La sera, l’atmosfera si faceva ancora più vivace e goliardica. I ragazzi più grandi si lanciavano in un giro festoso, andando di casa in casa, ballando e cantando, portando allegria e spensieratezza ovunque. Alcuni si truccavano con baffi e capelli finti realizzati con il cotone idrofilo, “a mattula”, o con baffi neri fatti col carbone, dedicandosi a piccoli scherzi innocenti per movimentare la serata.
Tra questi, uno in particolare era diventato un rituale: con una molletta da bucato legata a uno spago, si lanciava sopra i cavi della corrente nella piazzetta della Chiesa del Purgatorio, agganciando il cappello di qualche ignaro passante. L’iniziale stupore e leggera rabbia si trasformavano in risate, coriandoli e allegria.
Le strade di Cefalù, durante il Carnevale, si trasformavano in un teatro a cielo aperto, animato da sfilate di carri allegorici, veri capolavori di creatività e artigianato. I carri, colorati e adornati con materiali di recupero, sfilavano per le vie del paese, accompagnati da musicisti e suonatori che allietavano il corteo con le loro melodie.
L’apice di questa sfilata era il raduno in piazza Duomo, dove i gruppi si riunivano attorno alla “cassa del tesoro”, un contenitore che custodiva storie, aneddoti e prese in giro di personaggi noti del paese. Era un momento di satira e ironia, un’occasione per ridere di sé e degli altri, con bonaria complicità. Questi momenti, rappresentati con enfasi e spirito, erano tra i più attesi del Carnevale, confermando il suo ruolo di specchio e interprete della realtà locale.
Ma il Carnevale cefaludese non era fatto solo di sfilate e scherzi: anche la mondanità aveva il suo spazio, con i veglioni danzanti nella suggestiva sala delle Capriate. Questi eventi erano un’occasione per sfoggiare costumi elaborati, ballare al ritmo della musica e eleggere la reginetta della festa, la “Miss Cefalù”. Un momento di glamour e divertimento che rappresentava un lato diverso ma ugualmente importante del Carnevale.
Domenico Brocato – Foto Storiche Cefalù
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