Cefaludesi Illustri

Giovanni Bernardino Azzolino

(Cefalù, 1572 ca. – Napoli, 12 dicembre 1645)

Giovanni Bernardino Azzolino, noto anche come Bernardino il Siciliano, pittore, scultore e ceroplasta cefaludese, nasce a Cefalù nel 1572 circa, da Andrea Ragano originario di Acquaviva delle Fonti in provincia di Bari. Il padre, non si conosce per quale motivo, adottò un falso cognome (riportato anche come Mazzolino e Massolino) col quale l’artista è comunemente noto.

Nulla si conosce riguardo gli anni della sua giovinezza e della sua prima attività di pittore, scultore e ceroplasta svolta in Sicilia. Conosciuto come Bernardino il Siciliano, date le sue origini, all’età di circa 20 anni, decise di trasferirsi a Napoli, capitale artistica del meridione d’Italia, con l’amico Luigi Rodriguez, anch’egli pittore. In quella città svolse per lo più un’intensa attività che risulta documentata dal 1594 al 1645.

Qualche anno dopo il suo arrivo nella città partenopea, conobbe una bella giovane conterranea, Antonia D’India, figlia del nobile palermitano don Carlo D’India, e di donna Maria Marcella. I quali nel 1594 gli concessero volentieri la mano della loro figliola con una dote nuziale di cinquecento ducati. È documentato che gli Azzolino, a partire dal 1614, vissero nella loro casa-bottega in Strada Santo Spirito di Palazzo. La coppia ebbe quindici figli, solo seidei quali sopravvissero all’infanzia, e due fra questi, Gabriele e Andrea, intrapresero sin dalla più giovane età la professione paterna.

Grazie alla famiglia D’India, l’Azzolino entrò in stretto rapporto di amicizia con un celebre maestro dell’epoca, Fabrizio Santafede, rinomato pittore chiamato anche il Raffaello napoletano, grazie al quale ottenne i primi contratti di lavoro. L’ambiente artistico fortemente influenzato dai lavori di ristrutturazione e riordino della Certosa di San Martino, che coinvolse un nutrito numero di frescanti e decoratori, fra i quali anche un giovane Cavalier d’Arpino, fu determinante per la formazione dell’Azzolino e di altri artisti protagonisti di un’intera stagione della grande pittura di decorazione murale a Napoli, estesa dalla fine del XVI alla prima metà del XVII secolo.

Per l’Azzolino sarà l’inizio di una fortunatissima carriera che gli consentirà di dipingere per alcune grandi chiese di Napoli, cosa che gli procurò sia fama che un certo benessere economico ed una elevazione di ceto sociale. Nella Napoli governata dagli Spagnoli si manifestavano varie tendenze artistiche, grazie a una folta schiera di esponenti del manierismo locale quali Francesco Curia, Giovanni Angelo D’Amato, Fabrizio Santafede, Ippolito Borghese e Girolamo Imparato e a maestri della scuola toscana come Giovanni Balducci, o di scuola veneta come Belisario Corenzio e di scuola romana come Teodoro d’Errico.

E così fino al 1606, quando irruppe sulla scena la figura del grande Michelangelo Merisi da Caravaggio, che trascinò nel suo impeto artistico molti talentuosi pittori fra cui Battistello Caracciolo e Jusepe de Ribera di Valencia. Quest’ultimo sposò Caterina, una delle figlie dell’Azzolino, evento questo che portò ad un forte sodalizio lavorativo tra suocero e genero.

In tutto questo fermento di gusti, l’Azzolino si mantenne sempre fedele ad un suo ideale di pittura prevalentemente d’impianto classico, accurato nelle forme, con eleganza e stile ricercato, sempre ispirato a una palpabile religiosità. Un genere ormai desueto con caratteristiche già sorpassate dalle correnti dell’epoca ma, comunque, ancora molto apprezzate da committenti e intenditori.

La maggior parte dei capolavori pittorici dell’Azzolino si trovano a Napoli, nelle chiese di Pio Monte della Misericordia, Gesù Nuovo, chiesa dei Girolamini e San Pietro Martire, nella Basilica di Santa Maria della Sanità.

Nel 1599 portò a termine la prima commissione pubblica di un certo rilievo, purtroppo oggi perduta, affrescando, insieme a Giulio dell’Oca, le strombature delle finestre, i piedritti, i pennacchi, e la cupola della chiesa dello Spirito Santo a Napoli.

Nello stesso 1599 ricevette 60 ducati da Pompeo Calvanico per «la pittura deli quadri dela intempiatura dela ecclesia de Santa Maria la Nova»: il pagamento è stato posto in relazione con la “Presentazione al Tempio” nel soffitto della medesima chiesa francescana, opera da ricollegare al disegno preparatorio oggi alla National Gallery di Ottawa.

Sebbene le prime opere dell’Azzolino documentate a Napoli siano andate perdute, vi sono altre pregevoli composizioni che testimoniano la vocazione decorativa dell’artista, quali “La Pentecoste” della chiesa di San Francesco a Caiazzo, unica sua opera firmata, e gli affreschi della cappella Ambrosino (1605), nella chiesa napoletana del Gesù Nuovo.

Altrettanto precoce deve considerarsi l’esecuzione di una pala d’altare dell’Azzolino, abbandonata e purtroppo ridotta a brandelli, oggi conservata nel corridoio della sagrestia dei Girolamini.

Madonna del Rosario. 1612. Napoli. Basilica di Santa Maria della Sanità

L’opera, raffigurante “Incontro tra i Santi Filippo Neri e Carlo Borromeo“, andrebbe identificata come l’ancona di identico soggetto già attribuita all’Azzolino nelle antiche guide della città e a lungo esposta sull’altare della cappella dei Santi Carlo e Filippo ai Girolamini, prima di essere sostituita, all’inizio del Settecento, da un dipinto di Luca Giordano, ancora visibile in situ.

Nel secondo decennio del Seicento alcune fra le più cospicue pale d’altare della produzione azzoliniana denunciano un legame ben saldo con la cultura della fine del XVI secolo e con la tradizione ‘riformata’ del Santafede. Basti pensare alla monumentale “Madonna del Rosario” della basilica napoletana di Santa Maria della Sanità, eseguita su commissione di Porzia Galeota tra il 1612 e il 1614, o alla “Madonna d’Ognissanti” della cappella Muscettola al Gesù Nuovo di Napoli, dipinta ancora, verosimilmente, entro gli anni Venti. A questa fase è da riferire la “Madonna col Bambino” sull’altare del coro della Santissima Trinità dei Pellegrini.

L’Azzolino è da considerarsi tra i più caratteristici rappresentanti della diffusione a Napoli della pittura devozionale. Un forte ascendente esercitò su di lui il “realismo devoto” del Santafede, attraverso il quale assimilò alcuni aspetti dei “riformati toscani“, quali Santi di Tito e il Passignano. Il periodo fra il 1607 e il 1610 fu contrassegnato dalla forte influenza nell’artista della pittura di Caravaggio, evidente nell’uso di forti chiaroscuri.

Mentre Azzolino dava vita a questo emozionante e limpido mondo di giovani sante, di devoti diaconi e di angeli infanti, negli altari delle chiese napoletane già troneggiavano le grandiose pale del Battistello e degli altri caravaggeschi, nei confronti dei quali il siciliano, specie come pittore di quadri da stanza, non dovette essere del tutto indifferente e riconducibile alla conoscenza diretta delle opere napoletane del Caravaggio.

Lo dimostrano i dipinti di questi anni come La Madonna del Rosario della cappella Romano al Gesù e Maria (1609) che parrebbe difficilmente concepibile senza il celebre prototipo caravaggesco ora a Vienna, ma presente e documentato a Napoli nel settembre del 1607.

Giovan Bernardino Azzolino - Il Martirio di Sant'Orsola - Collez. privata

Appartengono a questi anni le sue creazioni più intense ed originali, come il “Martirio di Sant’Orsola” di collezione napoletana, “la Circoncisione” (1607) e la “Madonna del Rosario” coi quindici Misteri, eseguite per la chiesa del Gesù e Maria a Napoli (1609-1610).

L’ispirazione alla maniera caravaggesca nacque anche a causa del comune contatto con la committenza dei Doria a Genova: infatti, dal 1605, l’Azzolino iniziò un rapporto commerciale con Genova che nel 1608 lo vide collaboratore del principe Marcantonio Doria, per la cui famiglia lavorò incessantemente, tanto che un inventario della collezione Doria, redatto nel 1620, annoverava già oltre cinquanta opere dell’Azzolino.

Diversi rimandi caravaggeschi sono presenti proprio nelle opere realizzate a Genova come “l’Annunciazione” del monastero delle suore turchine di Genova, eseguita per conto di Marcantonio Doria nel 1633, e il “Martirio di sant’Apollonia” per la chiesa di San Giuseppe.

L’artista siciliano fu assai celebrato all’epoca anche come scultore e ceroplasta: ne siamo a conoscenza grazie ad alcune fonti documentarie che menzionano diverse figure allegoriche in cera realizzate per la famiglia Doria.

Anima in purgatorio e Anima benedetta - Azzolino, Giovanni Bernardino - Lavori ii Cera su cristallo. Foto V&A

Opere in Grazie a Marcantonio Doria, che finanziò dei lavori nel complesso napoletano della Santissima Trinità delle Monache (1623-31), dove era entrata Livia Grimaldi, l’amata sua figliastra, con il nome di suor Orsola, Azzolino, suo figlio Gabriele e il genero Ribera furono coinvolti nella decorazione pittorica, oggi in gran parte perduta, ed ebbero affidato anche l’appalto del cantiere e l’intera fornitura dei marmi.

Escludendo la citata partecipazione al predetto cantiere, non furono molte le commissioni pubbliche affidate a Giovanni Bernardino Azzolino, il quale operò anche in altre regioni d’Italia come in Sardegna, in Puglia, in Lucania ed anche in Calabria, dove si ha notizia di altre opere sue, tra cui una tela raffigurante la “Madonna del Carmine col Bambino e i santi Nicola di Bari e Carlo Borromeo”, collocata alle spalle dell’altare maggiore della chiesa di San Nicola in Plateis a Scalea.

Ancona lignea di Cetraro di Giovan Bernardo Azzolino

Al 1635 risale invece l’ancona lignea conservata a Cetraro all’interno della chiesa dei Cappuccini, al centro della quale si trova una grande tela della “Madonna col Bambino”.

Ai lati invece, nei due scomparti, si trovano dipinti: a sinistra San Sebastiano e a destra San Francesco d’Assisi, mentre negli scomparti laterali minori, San Benedetto Abate e Sant’Antonio da Padova con il Bambino.

Un’altra opera calabrese dell’Azzolino è un polittico in otto parti conservato nella chiesa dei Cappuccini di Paola, che presenta al centro una tela dedicata alla Madonna Immacolata. Altro suo dipinto, una “Madonna col Bambino con le sante Cecilia e Caterina d’Alessandria” è conservato a Taverna nella Chiesa di Santa Maria Maggiore, mentre nel Duomo di San Leoluca a Vibo Valentia si trova una tavola raffigurante “Santa Caterina da Siena”.

Giovanni Bernardino Azzolino morì a Napoli il 12 dicembre 1645. A conclusione del rito funebre celebrato alla presenza di moltissime persone che lo avevano conosciuto e apprezzato in vita, venne tumulato nella sepoltura della Congregazione della Madonna dei Sette Dolori in strada Santo Spirito di Palazzo.

Documenti importanti:

16 febbraio 1632. È testimone al matrimonio della figlia Francesca e nel processetto prematrimoniale dichiara di chiamarsi Giovanni Bernardo Azzolino, di essere figlio di Antonio, di essere nato a Cefalù in Sicilia, di essere residente a Napoli da 40 anni, pittore, domiciliato in Santo Spirito di Palazzo in casa propria e di avere circa 60 anni. Da questo documento si ricava che il pittore nacque a Cefalù intorno al 1572.

9 dicembre 1633. Data del suo primo testamento vergato in Napoli in cui dichiara di essere figlio di Andrea Ragano di Acquaviva delle Fonti, in quanto figlio «de Andrea Ragano d’Acquaviva, il quale se mutò il nome de Andrea in Antonio, et il cognome di Ragano in Azzolino, per alcuni soi degni rispetti» . Nel tempo seguiranno altri due testamenti il 15 maggio 1641 e il 12 marzo 1644. Ringrazio il prof. Alessandro Dell’Aira per il suo prezioso contributo.

Sandro Varzi

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