LA CATTEDRALE

LA CATTEDRALE DI CEFALÙ

"BASILICA CATTEDRALE DELLA TRANSFIGURAZIONE"

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La Cattedrale di Cefalù, dal 3 luglio 2015 patrimonio UNESCO. Voluta da Ruggero II nel 1131 e concepita come mausoleo degli Altavilla, custodisce mosaici che i più autorevoli studiosi di arte bizantina considerano essere una delle più raffinate e meglio conservate espressioni dell’arte del mosaico bizantino comneno.

STORIA

La Cattedrale di Cefalù, maestosa testimonianza di fede e di innovazione architettonica, fu commissionata dal re Ruggero II di Sicilia, Puglia e Calabria nel 1131. La leggenda narra che il re, mentre navigava da Salerno a Palermo, incontrò una violenta tempesta e giurò costruire una chiesa in segno di gratitudine per il suo passaggio sicuro e quello del suo equipaggio.  Giunto a Cefalù mantenne la sua promessa, dedicando il tempio al Santissimo Salvatore e ai Santi Pietro e Paolo.

La costruzione iniziò il 7 giugno 1131, domenica di Pentecoste, con la posa della prima pietra da parte del re stesso.  Alla cerimonia era presente il Vescovo di Messina, Ugone, che istituì la nuova Diocesi di Cefalù come vescovado suffraganeo, insieme ad altri vescovi e nobili siciliani.

La fondazione della diocesi da parte di Ruggero II fece rivivere una precedente sede vescovile risalente al IX secolo, che aveva cessato di esistere durante la dominazione araba.  La dotò di vaste terre e privilegi.  Fin dalla sua nascita i servizi liturgici all’interno della cattedrale furono affidati ai canonici regolari agostiniani, portati da Bagnara Calabra per decreto del re.  Il primo vescovo fu Jocelma, già abate di Bagnara, in carica dal 1130 al 1150.

La costruzione del Duomo di Cefalù ebbe la sua parte di complessità.  L’ambizioso progetto iniziale di Re Ruggero, concepito come una struttura grandiosa e intricata, rimase in gran parte incompiuto.  Di conseguenza, sia l’interno che l’esterno presentano notevoli anomalie e incongruenze.

Le origini dell’edificio risalgono allo stile romanico nordeuropeo importato dai Normanni.  Tuttavia, gli artigiani locali completarono la costruzione, incorporando elementi dell’architettura islamica e adattandosi alle esigenze delle pratiche liturgiche bizantine.  Questa fusione di stili ha dato vita a un capolavoro architettonico unico e affascinante che riflette il ricco tessuto culturale della Sicilia durante l’epoca normanna.

La cattedrale, concepita nel quadro dell’architettura romanica nordeuropea portata in Sicilia dai Normanni, fu infine completata da maestranze locali sotto l’influenza dei principi architettonici islamici e delle esigenze liturgiche bizantine.

Nel 1145 Ruggero II decretò che la cattedrale fungesse da mausoleo della famiglia reale.  Commissionò due sarcofagi di porfido, ciascuno con un baldacchino di marmo intarsiato a mosaico, da collocare alle estremità dei bracci del transetto.  Uno, destinato alle sue spoglie, doveva essere la sua ultima dimora, mentre l’altro, dedicato alla famiglia Altavilla, sarebbe rimasto vuoto.

Tuttavia, il destino è intervenuto.  Alla morte improvvisa di Ruggero II avvenuta a Palermo il 28 febbraio 1154, secondo la tradizione locale, fu temporaneamente sepolto nella cripta della Cattedrale di Palermo all’interno di un sarcofago romano recuperato.  La sua ultima dimora prevista a Cefalù rimase insoddisfatta.

Nel 1215 Federico II, con l’inganno, inviò in missione in Terra Santa il vescovo di Cefalù, Arduino (1217-1238).  Approfittando della sua assenza, Federico fece trasportare nella Cattedrale di Palermo i due sarcofagi di porfido con i relativi baldacchini, originariamente conservati a Cefalù, destinandoli alla propria famiglia.

Le spoglie di Ruggero II furono successivamente traslate, in data sconosciuta, in un semplice sarcofago realizzato con lastre di porfido, dove si trovano ancora oggi.

Alla morte di Ruggero II, solo il presbiterio della cattedrale era stato completato secondo il progetto originario.  Negli anni successivi, sotto la reggenza del figlio Guglielmo I, l’attenzione si spostò sulla costruzione della nascente cattedrale di Monreale.  Il grandioso progetto di Ruggero II a Cefalù venne infine abbandonato.  La cattedrale fu frettolosamente completata con soluzioni di ripiego, trovandosi prossima al completamento solo in epoca postfedericiano.

La copertura della navata centrale, risalente al 1170 circa, è l’unico esempio superstite di falegnameria normanna oggi visibile.  Caratterizzato da affascinanti pitture di chiara influenza islamica, fu restaurato dopo un incendio a spese di Enrico I Ventimiglia nel 1263, in suffragio per i suoi due figli, Manfredi e Pinuccio, sepolti in un sarcofago all’interno della basilica.  La basilica fu consacrata il 10 aprile 1267 dal cardinale Rodolfo, vescovo di Albano, mesi prima della consacrazione del Duomo di Monreale.

Cattedrale di Cefalù, Patrimonio UNESCO.

ARCHITETTURA

L’interno della Basilica Cattedrale segue una pianta basilicale, caratterizzata da pianta a croce latina con orientamento verso est. Presenta tre navate, separate da una serie di archi con alti pilastri e doppie modanature, quasi arabe. Questi archi sono sorretti da 16 colonne monolitiche: 14 di granito rosa e due di marmo cipollino. Poggiano su basi e sono sormontate da capitelli ornati di intagli e figure. Sia le colonne, i capitelli, sia le basi di spoglio marmoreo sono di origine romana (probabilmente del II secolo d.C.) e probabilmente recuperati da templi pagani.

Le tre navate sono coperte da un soffitto ligneo a capriate con travi dipinte con busti, creature fantastiche e motivi decorativi, testimonianza dell’artigianato arabo. L’arco trionfale, fiancheggiato da colonne sormontate da capitelli figurati di gusto arabo, dà accesso al transetto. Purtroppo, rispetto al progetto originale di Ruggiero, l’arco trionfale venne ribassato con un controarco, riducendo l’imponenza della struttura.

Il presbiterio si distingue per la notevole profondità e le cappelle laterali notevolmente ampie. Il presbiterio absidato culmina in una suggestiva decorazione musiva. Un tempo il presbiterio ospitava il trono reale alla sinistra del Pantocratore, di fronte alla sede vescovile a destra. Di questi sedili unici rimangono solo due lastre decorate a mosaico, con iscritte “sedes regia” e “sedes episcopalis”.

Anche le navate laterali terminano con una propria abside, notevolmente più piccola di quella centrale. Di fronte all’altare dall’ingresso, l’abside di destra è detta del Diaconicon, mentre quella di sinistra è detta della Protesis.

La Protesis, cappella ornata con decorazioni in stucco neoclassico, funge da spazio di preparazione all’Eucaristia, dove vengono preparate le ostie, il pane e il vino. Il Diaconico, situato nelle vicinanze, custodisce gli arredi sacri. La Protesis stessa è dedicata al Santissimo Sacramento e presenta un altare d’argento del XVIII secolo, testimonianza della maestria degli artigiani palermitani.

Sopravvivono resti della decorazione pittorica originale della cattedrale, come la raffigurazione di papa Urbano V della fine del IV secolo su una colonna nella navata sinistra e una “Madonna in trono” del XV secolo nel transetto sinistro.

Tra gli elementi degni di nota figurano il fonte battesimale, scolpito da un massiccio blocco di pietra calcarea lumachelle e ornato con quattro cuccioli di leone scolpiti (XII secolo), e la pregevole statua in marmo della Madonna col Bambino, opera del Gagini (1533).

La Cattedrale ospita anche diversi monumenti funerari, tra cui un sarcofago tardoantico, un sarcofago medievale e l’imponente gruppo scultoreo dedicato al vescovo Castelli, scolpito da Leonardo Pennino (XVIII secolo).

Sebbene smontati nel XVI secolo, rimangono frammenti dell’ex magnifico ambone, in attesa di essere rimontati.

I MOSAICI

Probabilmente il progetto originale di Ruggero II non prevedeva decorazioni musive, come suggerito dalla struttura dell’edificio e dalle crociere del presbiterio e del transetto. I mosaici sarebbero stati aggiunti in un secondo momento, durante il regno di Ruggero II, morto nel 1154. Ciò è confermato dalla data 1148 incisa nella parte inferiore dell’abside.

La decorazione musiva era probabilmente prevista per tutto l’interno della chiesa, come evidenziato dalla Cappella Palatina di Palermo e dal Duomo di Monreale. Tuttavia, solo una parte è stata completata, comprendendo l’abside, circa la metà delle pareti laterali e le vele della prima crociera del presbiterio.

Nonostante la sua vasta superficie (circa 650 metri quadrati), il paramento musivo non è stato realizzato da un’unica mano o in una sola fase. Presenta invece tre distinti nuclei cronologici. La data del 1148 si riferisce ai mosaici della prima fase, ovvero quelli dell’abside e della crociera. Quelli delle pareti, stilisticamente diversi, vengono attribuiti agli anni del figlio e successore di Ruggero, Guglielmo I (1154-1166).

Per realizzare i mosaici della prima fase (1148), Ruggero II convocò maestri bizantini da Costantinopoli, che dovettero adattare cicli decorativi orientali a uno spazio architettonico di tradizione nordica, per loro insolito.

I mosaici attuali sono suddivisi in quattro fasce delimitate da cornici e motivi geometrici o vegetali stilizzati, tranne quella che separa il catino dal resto dell’abside. Questa fascia è più ampia, aggettante e decorata con un tralcio di fiori e foglie.

I Maestosi Mosaici della Prima Fase

I mosaici della prima fase esibiscono una purezza di ritmo lineare, organico e strutturato, insieme a una raffinata gamma cromatica, mettendo in mostra combinazioni cromatiche accuratamente selezionate e preziose.  Le figure, rese con ieratica solennità su fondo dorato, possiedono un’aria di nobiltà.

La prima fase della decorazione musiva comprende il Cristo Pantocratore, la Vergine orante affiancata dai quattro arcangeli – Michele, Gabriele, Uriele e Raffaele – nel registro inferiore, i santi Pietro e Paolo, gli evangelisti Marco, Matteo, Giovanni e Luca nel nella terza fascia, e infine, nella quarta, gli apostoli Filippo, Giacomo, Andrea, Simone, Bartolomeo e Tommaso, disposti simmetricamente in gruppi di tre.

Un attento esame rivela una struttura musiva meticolosa e compatta, soprattutto nei mosaici di età ruggeriana.  Le tessere minuscole, di forma quasi quadrata, sono fitte e fitte, riducendo al minimo gli spazi tra loro.  Anche nella colossale ed elegante figura del Pantocratore le tessere raramente superano i dieci millimetri di lato.  In particolare è evidente l’uso delle tessere di madreperla, tecnica probabilmente rara anche nel mondo orientale.

I Santi Mosaici

Tutte le figure del mosaico sono poste su uno sfondo dorato. Ogni figura è accompagnata dal proprio titulus, iscritto sia in greco che in latino, per una precisa identificazione.

Seguendo la tradizione iconografica bizantina, le figure sono disposte in processione liturgica, rispettando un rigido ordine gerarchico.

L’immagine ieratica del Cristo Pantocratore domina la volta absidale.

Nei registri più alti della decorazione parietale sono posizionati i profeti che predissero la venuta di Cristo.
Le tre sezioni inferiori dell’abside sono dedicate alla Vergine Maria, raffigurata come Theotokos (Madre di Dio) e Panaghia (Tutta Santa). Lei sta elegantemente drappeggiata, i suoi piedi poggiano su un cuscino regale, fiancheggiata dai quattro arcangeli: Raffaele, Michele, Gabriele e Uriele. Il contrasto cromatico della tunica blu e del manto rosso evidenzia l’interazione tra la sua umanità e la grazia divina che incarna.

Nella seconda sezione, ai lati della finestra centrale, sono raffigurati gli apostoli Pietro e Paolo, accompagnati dagli evangelisti Marco, Matteo, Giovanni e Luca. La terza sezione presenta gli apostoli Filippo, Giacomo, Andrea, Simone, Bartolomeo e Tommaso, disposti simmetricamente in gruppi di tre.

Le pareti del bema sono ornate da mosaici successivi raffiguranti santi e profeti, organizzati in quattro registri. Sulla parete sinistra, un tondo racchiude Melchisedec, affiancato dalle figure a figura intera di Osea e Mosè. Sotto di loro ci sono Joel, Amos e Abdias. Più in basso sono raffigurati i santi diacono Pietro, Vincenzo, Lorenzo e Stefano, seguiti dai santi Gregorio, Agostino, Silvestro e Dionigi.

La parete destra rispecchia questa disposizione, con la figura a mezzo busto di Abramo in un tondo in alto, fiancheggiato da Davide e Salomone. Nel registro inferiore sono raffigurati i profeti Giona, Michea e Naum, seguiti dai santi guerrieri Teodoro, Giorgio, Demetrio e Nestore. Infine, nella sezione inferiore, stanno i santi orientali Nicola, Basilio, Giovanni Crisostomo e Gregorio Nazianzeno.

IL CRISTO PANTOCRATORE

Il libro aperto di Cristo, manifestazione radiosa e piena di sé, sta al centro, facendo tacere tutti gli altri testi. Gli apostoli e i santi, rappresentati nei registri inferiori, tengono i libri chiusi, perché solo Lui parla. I profeti, raffigurati nei registri laterali, hanno i cartigli spiegati, a significare che le loro profezie hanno trovato il loro compimento in Gesù e il loro significato è finalmente svelato.

Mentre la decorazione musiva esistente fu completata entro il 1170, le pareti laterali del presbiterio furono adornate nel XVII secolo con stucchi, in gran parte purtroppo di mediocre qualità.

Due iscrizioni concludono in maniera solenne il ciclo figurato dell’abside. Il primo, ‘**FACTUS HOMO FACTOR HOMINIS FACTIQUE REDEMPTOR – IUDICO CORPOREUS CORPORA CORDA DEUS**’, corre lungo l’arco che racchiude la volta dell’abside e funge da commento teologico alla figura del Pantocratore. Si traduce in “Fatto Uomo, io, Creatore dell’Uomo e Redentore della mia creatura, giudico i corpi come Uomo, i cuori come Dio”.

La seconda iscrizione, elegantemente inscritta su fondo argento che chiude il fondo del ciclo musivo dell’abside, recita: ‘**ROGERIUS REX EGREGIUS PLENIC (sic) PIETATIS / HOC STATUIT TEMPLUM MOTUS ZELO DEITATIS / HOC OPIBUS DITAT VARIIS VARIOQUE DECORE / ORNAT MAGNIFICAT IN SALVATORIS HONORE / ERGO STRUCTORI TANTO SALVATOR ADESTO / UT SIBI SUBMISSOS CONSERVET CORDE MODESTO: ANNO AB INCARNATIONE DNI MILLESIMO CENTESIMO XLVIII / INDCTIONE XI ANNO V REGNI EJIUS XVIII / HOC OPUS MUSEI FACTUM EST.**’ Questo testo fornisce informazioni cruciali sul primo fase dell’opera musiva. Si afferma che il re Ruggero, uomo di grande pietà, fece costruire questo tempio per zelo verso Dio. La arricchì di varie ricchezze e la adornò magnificamente in onore del Salvatore. Sia dunque presente il Salvatore a questo grande costruttore, affinché conservi nell’umiltà coloro che gli sono soggetti. L’iscrizione data l’opera al 1148, l’undicesima indizione, il quinto anno del suo regno e il diciottesimo anno della sua vita.

Questa iscrizione rivela il mecenatismo e il contesto dei mosaici, nonché la loro dedizione alla gloria di Cristo.

IL CHIOSTRO

Adiacente alla struttura della Cattedrale, e ad essa contemporaneo, si trova un chiostro rettangolare realizzato a circa 3,40 metri sotto il livello del pavimento interno del Duomo. Questo chiostro costituisce l’apice della realizzazione artistica e scultorea normanna, essendo il più antico chiostro sopravvissuto in Sicilia con i suoi caratteristici capitelli a doppia colonna.

I corridoi superstiti sono definiti da eleganti archi a sesto acuto poggianti su colonne binate e capitelli ricchi di intricati intagli. I capitelli vantano una ricchezza di immagini storiche e bibliche, mettendo in mostra la sublime arte della scultura romanica attribuita agli artigiani pugliesi. Queste sculture raffigurano figure antropomorfe, zoomorfe e fitomorfe, tratte da erbari e bestiari medievali. Trasmettono un sofisticato programma teologico, che va dalla creazione dell’umanità alla salvezza finale.

In origine una fontana occupava l’angolo nord-ovest, oggi conservata nel deposito della Cattedrale in attesa di restauro. Dopo la conclusione dei lavori di restauro nel 2003, il chiostro è nuovamente accessibile al pubblico. Oggi i visitatori possono ammirare i corridoi ovest e sud ricostruiti, insieme al giardino restaurato con le sue quattro specie vegetali uniche.

Foto Storiche Cefalù

Fonte: https://cattedraledicefalu.com/

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